C’è qualcosa di profondamente umano nel riscoprire la danza non come spettacolo, ma come possibilità. Effetto Danza, il libro del professor Paolo Mariconti, anestesista, farmacologo e pioniere del legame tra scienza e movimento, non è solo un’opera scientifica. È un invito, gentile ma deciso, a tornare in contatto con la parte più viva — e spesso dimenticata — di noi stessi: il corpo che sente, si muove, si libera. E, soprattutto, guarisce.
A dare forza e risonanza a questa visione è la prefazione firmata da Roberto Bolle, icona della danza internazionale, che ha prestato non solo il suo nome ma la sua esperienza diretta al messaggio del libro. Le sue parole, semplici e potentissime, hanno aperto la serata con una verità condivisa: «La danza non è solo arte. È una medicina naturale. Il lavoro del Professor Mariconti dimostra ciò che noi danzatori sperimentiamo ogni giorno: il potere trasformativo del movimento consapevole».
Il professor Mariconti, con la chiarezza di chi conosce il linguaggio della scienza ma anche l’urgenza del vissuto umano, ha condotto il pubblico in un viaggio affascinante tra neuroscienze, medicina del dolore e pratiche corporee. La sua visione è radicale e al tempo stesso accessibile: il corpo non va solo curato, ma educato ad ascoltarsi; la danza, più che un esercizio, è un gesto terapeutico.
A guidare il dialogo sul palco, la giornalista culturale Francesca Carminati, che con misura e profondità ha saputo dare ritmo e spessore all’incontro, offrendo spunti di riflessione e portando la conversazione su un piano accessibile ma mai superficiale.
Non meno significativo l’intervento di Marco Sutter, editore visionario e promotore del progetto per The Circle Publisher, che ha evidenziato il valore unico di Effetto Danza nel panorama contemporaneo: «Ci sono libri che informano e libri che trasformano. Questo fa entrambe le cose, perché ha il coraggio di proporre un nuovo linguaggio per parlare di salute: quello dell’arte che ascolta il corpo».
Effetto Danza ci ricorda che il corpo non è un contenitore da correggere, ma un alleato da ascoltare. Che la longevità non è solo una questione di anni, ma di qualità del vivere. E che, forse, il primo atto terapeutico è concedersi il diritto di muoversi senza giudizio.
È raro trovare oggi un progetto capace di coniugare bellezza e concretezza. Questo libro ci riesce, e lo fa con garbo. Lascia una traccia sottile, ma profonda: quella di un pensiero che non vuole insegnare, ma ispirare. E ci riesce. Perché in fondo, come diceva Pina Bausch, “non ci interessa come la gente si muove, ma ciò che la muove”. E questo libro, dolcemente, ci muove.
